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COVID-19: QUALE IMPATTO CARDIOVASCOLARE A LUNGO TERMINE? UN NUOVO STUDIO DELLA RETE IN LOMBARDIA

È stato appena pubblicato sulla rivista internazionale Frontiers in Cardiovascular Medicine1 uno studio di popolazione, – prima firmataria Luisa Ojeda-Fernández, del Laboratorio di Prevenzione Cardiovascolare dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, – realizzato in collaborazione con l’Osservatorio Epidemiologico della Regione Lombardia, l’Università di Milano Bicocca e l’IRCCS Istituto Auxologico Italiano (direttore scientifico Gianfranco Parati, ultimo firmatario del lavoro), per valutare gli esiti cardiovascolari post-acuti in 59.545 pazienti con COVID-19 della cosiddetta 1° ondata e 425.600 pazienti con COVID-19 della 2° e 3° ondata. Lo studio, – finanziato con fondi per la ricerca corrente della Rete Cardiologica, – è il più ampio mai condotto in Italia per analizzare la prevalenza delle complicanze CV post-acute tra diversi focolai di COVID-19.

 

Necessità di ampi studi a lungo termine

Il COVID-19 è notoriamente associato a un rischio più elevato di complicanze sistemiche multiorgano nei pazienti con malattia grave. In particolare, i pazienti COVID-19 potrebbero presentare disturbi cardiovascolari (CV), come danno miocardico, aritmie, sindrome coronarica acuta e tromboembolia venosa. Alcuni sintomi legati all’infezione da SARS-CoV-2 possono persistere anche per settimane o insorgere mesi dopo la guarigione da COVID-19, sindrome nota come post-COVID o Long-COVID. Diverse complicanze CV sono state riportate dopo la fase acuta, a supporto di un’interazione tra SARS-CoV-2 e sistema CV. La ragione non è chiara, ma potrebbe essere correlata direttamente al danno endoteliale vascolare mediato dal virus o indirettamente al processo infiammatorio che accompagna la risposta immunitaria.

Le sequele cardiovascolari a lungo termine nei pazienti affetti da COVID-19 sono attualmente oggetto di studio in tutto il mondo. Finora, la maggior parte degli studi osservazionali pubblicati si sono concentrati sui pazienti ricoverati per COVID-19, oppure sui pazienti non ospedalizzati, ma con un follow-up post infezione di breve-. La pandemia di COVID-19 in corso e il crescente numero di pazienti guariti dalla malattia, impongono di studiare approfonditamente gli effetti cardiovascolari a lungo termine, per migliorare le strategie di cura nei pazienti sopravvissuti al COVID-19.

Ecco perché, su impulso della Rete Cardiologica nell’ambito del progetto “Manifestazioni cardiovascolari in Long COVID”, è stato realizzato uno studio di popolazione per studiare la prevalenza degli esiti CV post-acuti in un ampio campione di pazienti COVID-19 infettati durante la 1ª e 2ª/3º ondata della pandemia in Lombardia, rispetto a un gruppo di controllo. A questo scopo sono stati utilizzati i dati amministrativi presenti nel database dei pazienti COVID-19 della Regione Lombardia. Sono stati inclusi nel gruppo di intervento tutti i soggetti con un tampone positivo.

Il follow-up è iniziato 30 giorni dopo la diagnosi di COVID-19 ed è continuato fino a 9 mesi. Gli Hazard Ratio (HR) e gli intervalli di confidenza (IC) al 95% degli esiti cardiovascolari post-acuti sono stati calcolati rispetto a un gruppo di controllo appaiato per età, sesso, comorbidità e terapia farmacologiche. L’analisi dei sottogruppi è stata eseguita per classi di età, sesso, precedente malattia cardiovascolare. Inoltre, le analisi sono state eseguite in base alla gravità della malattia durante la fase acuta (primi 30 giorni) stratificando la popolazione tra i pazienti ospedalizzati per COVID-19 e pazienti non ospedalizzati.

 

Il COVID-19 aumenta il rischio di complicanze cardiovascolari post-acute

I risultati mostrano che rispetto alla coorte di soggetti controllo, i pazienti infettati durante la prima ondata hanno un rischio un 53% in più di sviluppare complicanze CV nella fase post-acuta e del 25% in più se infettati durante la seconda/terza ondata della pandemia di COVID-19. Il rischio di qualsiasi malattia cardiovascolare entro i 9 mesi dell’infezione era evidente anche tra gli individui meno gravi, che non erano stati ricoverati in ospedale durante la fase acuta dell’infezione, sebbene il rischio risulti sempre più elevato nei soggetti ospedalizzati per causa COVID-19.

Lo studio della Rete fornisce dunque un’ulteriore evidenza che il COVID-19 è un fattore di rischio per complicanze cardiovascolari post-acute, indipendentemente dalla gravità dell’infezione in fase acuta (e quindi anche in infezioni lievi o asintomatiche), dall’età, dal sesso e da una storia pregressa di malattie cardiovascolari. Il ridimensionamento dell’assistenza sanitaria imposto per affrontare la pandemia da COVID-19 e che ha colpito seriamente Lombardia nel 2020 può aver contribuito, almeno in parte, all’aumento del rischio di patologie CV osservato.

Con la pandemia in corso e milioni di pazienti infetti in tutto il mondo, il numero di sopravvissuti con potenziali sequele CV continuerà a crescere. Sono necessari studi futuri per meglio descrivere   le complicanze CV post-acute in diverse popolazioni, tenendo conto delle varianti SARS-CoV-2, della reinfezione e della copertura vaccinale. I risultati dello studio suggeriscono di includere nel monitoraggio a lungo termine dei pazienti Covid-19 un’accurata valutazione del loro rischio cardiovascolare indipendentemente dalla gravità dell’infezione.


RIFERIMENTI
  1. Ojeda-Fernández L, Baviera M, Foresta A, Tettamanti M, Zambon A, Macaluso G, Schena S, Leoni O, Fortino I, Roncaglioni MC Parati G. Front. Cardiovasc. Med., 12 September 2023. Vol 10. → Vai al lavoro originale

Rete Cardiologica IRCCS

Redazione contenuti: Next Health