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Trattamento della stenosi aortica grave e funzioni neuro cognitive: il ruolo dell’anemia

I progetti della Rete Cardiologica: Lo studio OUTSTANDING Italy

 

Dopo procedure chirurgiche o trans catetere di correzione della stenosi aortica grave, si possono osservare cambiamenti nella sfera neuro cognitiva sulle cui natura e cause non si sa ancora abbastanza. E i risultati degli studi fin qui condotti sono contrastanti.

Per motivi diversi, entrambe le tecniche possono essere associate a un deficit neuro cognitivo post procedurale, – afferma il Dott. Marco Ranucci, Resp. Unità di Anestesia e terapia intensiva cardiovascolare, IRCCS Policlinico San Donato, P.I. dello studio OUTSTANDING ITALY). – Nella sostituzione chirurgica (SAVR), la manipolazione della radice aortica può causare il distacco di micro o macro-emboli e la circolazione extracorporea determina un invariabile passaggio di microbolle d’aria. Analogamente, in corso di procedura trans catetere (TAVI), nella fase di deployment della valvola si possono mobilizzare frammenti di Calcio, con un rischio perfino più elevato che nella chirurgia. Ciò può indurre alterazioni che sfuggono generalmente all’attenzione del clinico, perché non si tratta di evidenti stroke, ma che modificano le funzioni neuro cognitive del paziente”.

D’altro canto, la correzione di una stenosi aortica grave dovrebbe comportare un generale miglioramento neuro cognitivo, per l’intuibile ragione che la rimozione dell’ostruzione valvolare migliora l’afflusso di sangue arterioso al cervello. Come si vede, la questione è dunque molto complessa. Ecco perché uno studio prospettico di coorte, appena pubblicato, – condotto nell’ambito dell’OUTSTANDING ITALY (Registro Italiano sugli Esiti nel Trattamento della Stenosi Aortica negli Anziani), – si è posto l’obiettivo di identificare il pattern neuro cognitivo pre-procedurale e i suoi determinanti in pazienti over 65 anni con stenosi aortica grave sottoposti a SAVR o TAVI, nonché i cambiamenti in tale pattern a 2-3 mesi dall’intervento.

L’outcome primario dello studio era la variazione tra i punteggi pre-procedurali e i punteggi al follow-up a un test di valutazione neuro cognitiva, il test MoCA (Montreal Cognitive Assessment). Per identificare i pazienti con una riduzione clinicamente rilevante della funzione cognitiva, la variazione pre/post-procedurale del punteggio MoCA è stata espressa come variabile categorica (migliorata, invariata e peggiorata), mediante adeguati test statistici. Nello studio, 206 pazienti di età compresa tra 66 e 95 anni hanno ricevuto un test MoCA subito prima dell’intervento e 99 (48%) la stessa valutazione dopo un follow-up mediano di 2 mesi. Prima dell’intervento, il 70% dei pazienti presentava un punteggio MoCA medio di 20.3, indicativo di disfunzione cognitiva moderata (cut-off 23/30). I fattori associati a questa condizione erano l’età, la capacità funzionale, l’insufficienza cardiaca cronica e i livelli di emoglobina.

Quando si valuta una performance in qualsiasi indicatore prima o dopo aver inserito una variabile, nel nostro caso l’intervento, – spiega il Dott. Ranucci, – ci si deve porre il problema di capire quali sono i reliable clinical changes, cioè i cambiamenti con significatività clinica. In pratica, abbiamo potuto stabilire che la percentuale di successo, nel nostro caso la percentuale di pazienti migliorati nella funzione neuro cognitiva, è stata sicuramente superiore rispetto alla percentuale dei peggiorati o degli invariati”.

La correzione della stenosi migliora le funzioni neuro cognitive

Cambiamenti con significatività clinica nelle funzioni cognitive prima e dopo la procedura (2-3 4 mesi di follow-up). MoCA: Montreal Cognitive Assessment.

Ovvio che, in generale, rimuovendo la stenosi aortica grave il flusso di sangue arterioso verso il distretto cerebrale migliori e quindi il paziente abbia buone probabilità di migliorare le proprie performance, quale che sia la metodica impiegata. Tant’è vero che, dopo l’intervento, in due terzi dei pazienti si è registrato un miglioramento generale del punteggio MoCA. Tuttavia, una percentuale non trascurabile di pazienti (il 28% circa) ha comunque subito un peggioramento della funzione cognitiva dopo l’intervento. I fattori associati a questo peggioramento erano legati alle trasfusioni ricevute.

A questa quota di pazienti, – continua Ranucci, – abbiamo applicato l’analisi multivariata, necessaria anche perché, per esempio, i pazienti TAVI sono in genere più anziani e l’età è ovviamente un fattore che può determinare di per sé uno scadimento cognitivo. Ora, aggiustando i dati con analisi multivariata, abbiamo potuto confermare che, com’era logico attendersi, l’età ha un ruolo, indipendentemente dalla metodica di trattamento impiegata. Ma abbiamo anche osservato il ruolo di un altro fattore molto interessante: l’anemia (generalmente sideropenica) presente nel paziente prima dell’intervento”.

I risultati dello studio hanno cioè confermato che, in generale, la correzione della stenosi aortica grave determina un miglioramento significativo delle funzioni neuro cognitive a 2-3 mesi di follow-up in due terzi dei pazienti, indipendentemente dalla procedura eseguita (chirurgica o trans-catetere). Il peggioramento (in particolare nel dominio della memoria) ha interessato una percentuale comunque non banale (28%) di pazienti. I principali fattori associati a bassi punteggi MoCA prima e dopo la procedura erano legati all’anemia e alla sua correzione con trasfusioni di globuli rossi. Ciò evidenzia il ruolo della correzione dell’anemia prima della procedura per ridurre il rischio di deterioramento neuro cognitivo.

Porre il paziente nelle migliori condizioni possibili

È noto che l’anemia, soprattutto l’anemia ferropriva, e anche la sideropenia non accompagnata da anemia, si associano a una serie di problematiche, e vi sono studi che evidenziano come le condizioni migliorino quando si corregga questa condizione, non con trasfusioni (che pure sembrerebbe la soluzione più ovvia), ma agendo sul metabolismo del ferro, e quindi con adeguate supplementazioni di ferro, o con eritropoietina.

È il concetto della pre-abilitazione del paziente chirurgico, – afferma Ranucci: – quando si avvia un paziente a una procedura comunque impegnativa questi dovrebbe essere posto nelle migliori condizioni possibili. Ciò specialmente in una patologia quale la stenosi aortica grave, che non a caso interviene quasi invariabilmente nell’anziano, particolarmente soggetto a queste condizioni di anemia”.

In definitiva, dunque, gli Autori dello studio concludono che, prima di un intervento per il trattamento della stenosi aortica grave, quale che sia la metodica impiegata, la correzione dell’anemia con ferro e/o eritropoietina va tenuta presente, perché può limitare il rischio di peggioramento della funzione neuro cognitiva dopo la procedura.

 


Riferimenti
  • Ranucci L, Brischigiaro L, Mazzotta V, Anguissola M, Menicanti L, Bedogni F, Ranucci M. Neurocognitive function in procedures correcting severe aortic valve stenosis: patterns and determinants. Front Cardiovasc Med. 2024 Apr 12;11:1372792.