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PUBBLICATO IL PRIMO STUDIO NELL’AMBITO DEL PROGETTO LONG-COVID. IMPORTANTI LE DIFFERENZE DI GENERE
È appena stato pubblicato su BMC Medicine il primo articolo sui dati raccolti nell’ambito del progetto Long-COVID al quale ha partecipato la Rete Cardiologica.
Lo studio clinico fa parte del progetto “Analisi e strategie di risposta agli effetti a lungo termine dell’infezione da COVID-19 (Long-COVID)”, finanziato dal Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) del Ministero della Salute italiano, e finalizzato a monitorare gli effetti a lungo termine dell’infezione da SARS-CoV-2, ad aumentare le conoscenze su questa condizione e a fornire raccomandazioni per standardizzare l’approccio a livello nazionale. Autori principali del paper sono dunque i referenti dei centri che hanno contribuito con maggiore casistica, e tutti i partecipanti sono citati nella pubblicazione come membri del gruppo ISS-Long Covid Study Group.
Quelli pubblicati su BMC Medicine sono i risultati di uno studio di coorte multicentrico con una raccolta di dati sia retrospettivi che prospettici, nel quale sono stati raccolti dati demografici, comorbilità, grado di severità e durata dell’infezione acuta, stato funzionale soggettivo, attività lavorativa e presenza di 30 sintomi diversi su quasi 1.300 persone (1.297 individui per il 51,5% donne) da 30 centri clinici.
Uno dei risultati più interessanti emersi dallo studio riguarda le differenze significative riscontrate tra pazienti di sesso maschile e femminile. Le donne erano generalmente più giovani, più comunemente infettate dalle varianti Omicron, più spesso vaccinate, e presentavano, rispetto agli uomini, un numero simile di comorbilità, ma con un profilo clinico diverso, caratterizzato dalla più frequente presenza di ansia, depressione e disturbi autoimmuni, mentre gli uomini mostravano una maggiore prevalenza di comorbilità cardiovascolari e respiratorie. I sintomi più frequenti erano affaticamento (55,9%) e dispnea (47,2%).
Le donne, sebbene presentassero un’infezione acuta da SARS-CoV-2 significativamente più lieve (dato coerente con i ricoveri ospedalieri e in UTI, e con le statistiche dell’OMS sul grado di gravità dell’infezione acuta da SARS-CoV-2), hanno mostrato un maggior numero cumulativo di sintomi rispetto agli uomini (3,6 vs. 3,1, p < 0,001) e una maggiore prevalenza di diversi sintomi individuali, tra cui perdita di memoria, difficoltà di concentrazione, tosse, palpitazioni cardiache o tachicardia, disturbi dermatologici, brain fog, cefalea e disturbi visivi, con un’incidenza maggiore, anche se non significativa, anche di ansia, faringodinia, disturbi del sonno e affaticamento.
A rendere particolarmente interessanti questi risultati, – sottolineano gli Autori, – è il fatto che si riferiscono a una popolazione ampia che comprende circa un terzo dei pazienti non ospedalizzati. Ciò conferma indirettamente il maggior peso clinico del Long-COVID nelle donne, già descritto da altri autori, evidenziando una volta di più importanti differenze di genere anche in questa patologia.
Più in generale, lo studio ha valutato sia il raggruppamento dei sintomi sia quello dei casi, fornendo spunti per ricerche future. Da un lato, l’analisi dei sintomi ha permesso di identificare diversi cluster di sintomi possibilmente associati a percorsi patogenetici distinti (vedi figura). Dall’altro lato, l’analisi dei casi ha indicato due possibili sottopopolazioni distinte caratterizzate non solo da diversi profili di sintomi, ma anche da diverse caratteristiche demografiche, tempi e gravità dell’infezione acuta.
Da notare poi che lo studio ha preso in esame pazienti provenienti da più centri in diverse regioni, con una varietà di contesti di cura, e riducendo così potenzialmente il bias di selezione comunemente presente negli studi monocentrici e circoscritti a livello locale.
RIFERIMENTI
- Floridia, M., Giuliano, M., Weimer, L.E. et al. Symptom profile, case and symptom clustering, clinical and demographic characteristics of a multicentre cohort of 1297 patients evaluated for Long-COVID. BMC Med 22, 532 (2024). → Vai all’abstract e al lavoro originale

Cluster gerarchico (dendrogramma) del raggruppamento dei sintomi. L’asse X rappresenta una misura della distanza tra i cluster, con linee più lunghe che indicano distanze maggiori. I punti di raggruppamento sono definiti dalle connessioni verticali tra le linee orizzontali. La linea verticale in grassetto indica il cut-off per la definizione dei cluster nel modello. I rami presenti a sinistra di questa linea rappresentano i singoli cluster, mentre le linee che non si aggregano prima della linea in grassetto rappresentano le singole variabili che non si aggregano con altre.