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FATTORI DI RISCHIO MODIFICABILI. IL RUOLO DEL FATTORE TEMPO NELL’IPERTENSIONE ARTERIOSA

Quanto più tempo trascorre dal momento della diagnosi di ipertensione arteriosa, tanto più aumenta il rischio di ictus e questo a prescindere dal trattamento. È la stessa durata dell’ipertensione a creare le condizioni che incrementano le probabilità di incorrere in un evento cerebrovascolare.

Il dato viene segnalato da uno studio condotto su 27.310 persone con un’età media di 65 anni seguite per una mediana di 12,4 anni. E sono gli stessi Autori a sottolineare l’importanza della prevenzione. “Gli sforzi per prevenire l’ictus – spiega George Howard, professore emerito di biostatistica della University of Alabama at Birmingham e primo Autore dell’indagine – si sono concentrati sul trattamento dell’elevazione pressoria. È incredibilmente importante puntare sulla terapia, ma bisogna portare l’attenzione sulle strategie che prevengono lo sviluppo dell’ipertensione”.

Più nel dettaglio, lo studio americano ha evidenziato innanzitutto che una maggiore durata dell’ipertensione si associa ovviamente a un maggiore consumo di farmaci. I partecipanti che soffrivano della condizione da più di 20 anni assumevano in media 2,28 classi farmacologiche contro 1,68 classi di chi aveva ricevuto la diagnosi da meno di 5 anni. Il rischio di ictus aumenta con il passare degli anni trascorsi con l’ipertensione anche dopo l’aggiustamento dei fattori che potrebbero influenzare i risultati: tra i fattori è compresa l’assunzione di farmaci antipertensivi.

Ritardare l’esordio dell’ipertensione può ridurre il rischio di eventi cerebrovascolari

Da qui conseguono i risultati. Le persone con ipertensione da almeno 5 anni avevano un rischio di ictus maggiore di chi non era iperteso (+31%). I partecipanti ipertesi da 6-20 anni vedevano aumentare il rischio di stroke del 50% e quelli ipertesi da più di due decadi del 67% rispetto alle persone non ipertese.

Come spiega, Shawna Nesbitt della UT Southwestern Medical Center, Dallas, in un commento rilasciato all’American Heart Association (AHA), i risultati sottolineano l’importanza di diagnosticare e trattare quanto prima possibile ogni problema legato all’ipertensione. “È la durata dell’esposizione ad alti valori pressori a fare dei danni”. Ma meglio ancora è prevenire l’insorgenza dell’ipertensione. Per l’AHA, infatti, la questione si pone in questi termini: ritardare l’esordio della condizione può abbattere il rischio di ictus.

Stroke e TIA, lo ricordiamo, fanno parte degli outcome a lungo termine che saranno registrati dallo studio CVRISK-IT, del quale sta per cominciare l’arruolamento. Lo studio coinvolgerà 30mila persone senza patologie cardiovascolari precedenti o in corso, e acquisirà anche i dati relativi alla pressione arteriosa e altri fattori di rischio, randomizzando i partecipanti in base agli algoritmi SCORE2 e SCORE2-OP. Obiettivo finale quello di mettere a punto nuovi approcci di predizione del rischio CV procedendo, nella Fase II, a indagini strumentali, tra cui l’Ecocolodoppler carotideo, e all’analisi genetica con l’impiego dei Polygenic Risk Scores cardiovascolari per quantificare la suscettibilità a sviluppare patologie cardiovascolari.

 

Riferimenti

  • Howard G, Muntner P, Lackland DT et al. Association of Duration of Recognized Hypertension and Stroke Risk: The REGARDS Study. Stroke 2024; 56 00-00. [Abstract: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/39648907/]

 


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