Il contesto della prevenzione cardiovascolare
Dal kick-off Meeting di CVRISK-IT
Prevenzione cardiovascolare: primo, fare i conti con la realtà
Fare i conti con la realtà è uno dei requisiti per il successo di ogni grande progetto di prevenzione primaria, ed è anche uno dei presupposti del metodo scientifico. Per soddisfare tale requisito, – nell’ambito del kick-off meeting: “Al cuore della prevenzione: approcci integrati verso la prevenzione cardiovascolare personalizzata. Lo studio CVRISK-IT” che si è svolto all’IRCCS Policlinico San Donato il 14 e 15 giugno 2024, – si è tenuta un’articolata tavola rotonda, – moderata da Luigi Ripamonti, di Corriere Salute, – che ha discusso gli aspetti rilevanti nel contesto della prevenzione, ovvero i fattori con i quali si deve fare i conti. Alla Tavola Rotonda hanno partecipato Rosanna Tarricone (sulla sostenibilità del SSN legata alla prevenzione), Nicole Soranzo (sull’importanza del Polygenic Risk Score per le strategie di prevenzione), Michele Carruba (sull’alimentazione e l’attività fisica per la cura dell’obesità quale fattore di rischio), Elena Ortona (sulle differenze di genere per la prevenzione cardiovascolare) ed Eugenio Santoro (sul ruolo della comunicazione nella consapevolezza del rischio).
La mattinata dedicata a questi temi è stata aperta dal saluto del Ministro della Salute Orazio Schillaci, che è intervenuto con un videomessaggio. «Le malattie cardiovascolari, – ha detto, – sono una priorità di sanità pubblica, con conseguenze su mortalità, ricoveri ospedalieri e spesa sanitaria. Tra le cause, l’invecchiamento e stili di vita non salutari. Tra i progetti finanziati con la legge di bilancio 2023, lo studio CVRISK-IT si distingue per l’approccio metodologico innovativo e per il potenziale impatto sulla salute dei cittadini proponendo lo sviluppo di strategie di prevenzione primaria integrate e personalizzate con l’utilizzo di dati avanzati e tecnologie all’avanguardia per identificare precocemente il rischio cardiovascolare e intervenire in modo tempestivo». Il Ministro si è detto «fiducioso che i risultati di questo studio avranno un effetto positivo sulla riduzione dell’incidenza delle malattie cardiovascolari in Italia».
Un grande progetto nazionale di prevenzione
Il rischio cuore non è solo degli anziani. Anche gli under 65 vi sono esposti: costi, perdita di vite umane, cronicità “pesanti”; le malattie cardiovascolari pesano su tutto l’ecosistema sanitario. «Per questo, – afferma Lorenzo Menicanti, Presidente della Rete Cardiologica e Principal Investigator dello studio CVRISK-IT, – la prevenzione è un’arma importantissima. La Rete degli IRCCS a vocazione cardiovascolare ha le carte in regola per gestire un grande progetto nazionale di prevenzione come CVRISK-IT. Quando parliamo di Rete Cardiologica, – continua Menicanti, – non parliamo solo di mettere d’accordo qualche Istituto per realizzare uno studio multicentrico. La Rete è molto, molto di più. Ed è grazie a ciò che ha potuto nutrire l’ambizione di concretizzare un progetto come questo».
«Oggi stiamo “varando la nave” di questo grande studio, consapevoli di avere la grande responsabilità di fare risultati, perché CVRISK-IT è un progetto molto ampio e non sarà facile guidarlo in porto. Ma, visto il grande entusiasmo che anima tutti e 17 gli IRCCS che vi prendono parte, sono molto fiducioso».
Del resto, – conferma Giselda Scalera, Direzione generale della ricerca e dell’innovazione in sanità del Ministero della Salute, – «sebbene le risorse pur importanti non siano illimitate, la Rete ha già dimostrato, per esempio con lo studio CV-PREVITAL, di saper fare molto e bene».
«Nel disegnare questo studio, – riprende Menicanti, – il Ministero ci ha chiesto di aprire ad altre realtà, oltre agli IRCCS. È per questo che il progetto integra una realtà importante come Human Technopole e molti altri centri, “facendo squadra” con altre realtà cliniche (i cosiddetti spoke), nonché con un soggetto come Avis, la cui presenza sul territorio è senza uguali».
Il futuro non è scritto
Anche perché il futuro non è scritto, per citare un vecchio film sulla vita di Joe Strummer, cantante e chitarrista del celebre gruppo punk-rock britannico The Clash. «La sostenibilità futura del sistema sanitario del nostro paese non è affatto scontata, – avverte Rosanna Tarricone, Associate Dean, SDA Bocconi School of Management). – Essa si fonda infatti sul contributo della popolazione attiva alla fiscalità generale. Nel 2100, vale a dire tra settant’anni (lo stesso arco di tempo che è intercorso dalla costituzione del SSN), in Italia saremo meno di 35 milioni. E il 40% di questi avrà più di 65 anni. Da un semplice punto di vista aritmetico, vi saranno meno soggetti contributori al sistema e più soggetti anziani che peseranno sul sistema. Ricordiamo che già oggi il 60% delle risorse viene assorbito dalla gestione delle patologie croniche. Non ci vuole un matematico per capire che il futuro è complicato».
Che fare? O ci si orienta verso un sistema transazionale basato su un sistema assicurativo oppure si difende quella grande conquista che ha rappresentato per tutti il sistema universalistico pubblico. «È quest’ultima che si vuole sposare quando parliamo di prevenzione. Ma per riuscirci dobbiamo guardare lontano».
«Di recente, un grande studio ha valutato una serie di variabili relative alla percezione del pubblico rispetto al sistema sanitario del proprio paese. Una di queste variabili era il grado di fiducia. Tra tutti i paesi in tutto il mondo presi in considerazione, i cittadini della UK hanno la fiducia più bassa e l’Italia è penultima. Si tratta di un dato molto preoccupante».
«Se non c’è fiducia nel futuro, – continua, – la sola carta vincente è la prevenzione. Perché? Perché investire nella prevenzione significa che il paese guarda al futuro, che ha a cuore le generazioni future. È questo il solo mezzo per invertire questa tendenza verso la perdita di fiducia».
Non ha dubbi, la professoressa Tarricone, che il progetto CVRISK-IT funzionerà, perché ha tutti i requisiti necessari, e che la sua nave andrà in porto. «Ma, – conclude, – dobbiamo anche convincere il cittadino a fare la sua parte, perché la salute, come si è visto, è un bene pubblico. E ci vogliono gli incentivi giusti, perché la prevenzione dev’essere premiante».
L’importanza dell’innovazione
Ma, se il futuro non è scritto, proviamo a scriverlo noi. È questo lo spirito che sembra animare i ricercatori e i clinici che hanno disegnato CVRISK-IT.
Un requisito importante per il successo di una strategia di prevenzione vincente, in un contesto così complesso, è senza dubbio l’innovatività. «Lo studio CVRISK-IT sarà senza dubbio all’avanguardia nel panorama della ricerca, – spiega Emanuele Di Angelantonio, Direttore Health Data Science Research Centre di Human Technopole, – perché intende rispondere alle domande fondamentali sul futuro della prevenzione. Il presente lo conosciamo, è rappresentato dalle carte del rischio. Il futuro vorremmo disegnarlo grazie alle evidenze che lo studio ci restituirà. E cercheremo di produrre risultati che siano immediatamente utili sia alla ricerca, sia alla clinica».
Più in particolare, – come ha specificato Nicole Soranzo, Head of Genomics Research Centre, Human Technopole, – «abbiamo cercato di costruire un framework per indagare le patologie complesse dal punto di vista genetico, specie in una realtà come l’Italia, la cui popolazione ha una composizione genotipica molto articolata e differenziata rispetto alle popolazioni del Nord Europa. Il polygenic risk score è un dato numerico che integra diversi polimorfismi che condizionano un centinaio di rischio cardiovascolare e con esso possiamo valutare quanti di questi fattori sono portati dalle persone. Come in una curva gaussiana, vi sono persone che hanno “vinto la lotteria del rischio”, perché integrano pochi polimorfismi, e vi sono all’estremo opposto coloro che hanno molti di questi fattori. Il polygenic risk score ci restituisce un dato numerico per ciascuna di queste persone».
«Grazie alla biobanca diffusa della Rete Cardiologica abbiamo già a disposizione moltissimi dati genetici. E su questa base possiamo già confermare che la genetica (vedi, per esempio, l’obesità) aumenta del 20% la predittività di mortalità globale». Vi è un’ampia evidenza che l’uso dei dati genetici è importantissimo per identificare il profilo di rischio delle persone.
La prevenzione non è un costo, ma un investimento
«Tra i determinanti della salute, – aggiunge Michele Carruba, Direttore Centro Studi e Ricerche Obesità Università Statale Milano, – i più importanti sono proprio gli stili di vita, i quali contribuiscono per il 50% alla longevità. Ma gli stili di vita scorretti non sono colpa del singolo individuo (non solo, quanto meno), ma piuttosto della società: per una singola persona, modificare il proprio stile di vita significa, in effetti, andare controcorrente. Tanto per fare un esempio, sono i fattori psicosociali, economici, ambientali, epigenetici, a concorrere all’insorgenza dell’obesità».
«Il 60% della popolazione europea è sovrappeso o obesa, – conclude Carruba. – Una vera e propria pandemia, anzi, una sindemia, ovvero una pandemia che si combina con un cambiamento massivo e diffuso degli stili di vita. E chi diventa obeso entro i 40 anni vede ridurre di 20 anni gli anni di vita in salute. Con questi numeri, se non si fa nulla, l’aspettativa di vita delle generazioni future sarà più bassa di quella della generazione precedente: un fatto che non si è mai verificato nella storia recente dell’umanità (guerre mondiali a parte)».
Quello che dobbiamo fare è cambiare il paradigma: non solo curare i malati, ma anche fare in modo che le persone non si ammalino (per esempio, evitare che le persone diventino obese). Perché la prevenzione non è un costo, ma un investimento.
Il pericolo della sottovalutazione del rischio
Detto questo, per ciascuno di noi, uno dei principali ostacoli alla prevenzione è rappresentato dalla sottovalutazione del proprio rischio individuale. Un ostacolo che è molto presente e molto “pesante” soprattutto per quanto riguarda l’universo femminile. «Pur costituendo la principale causa di morte nei paesi industrializzati (rispettivamente il 38% e il 48% nell’uomo e nella donna), – spiega Elena Ortona, Direttrice Centro di riferimento Medicina di Genere, Istituto Superiore di Sanità, – le malattie cardiovascolari sono perlopiù considerate un problema maschile e ciò determina una sottostima dei sintomi sia da parte dei medici sia da parte delle donne stesse, che a sua volta produce ritardi nella diagnosi e nei trattamenti terapeutici».
«Anche molti fattori di rischio hanno un peso diverso nei due sessi, – conclude Elena Ortona, – per esempio la sindrome metabolica, l’obesità e il diabete, che hanno un peso maggiore nella donna. Altri fattori di rischio sono esclusivi nel sesso femminile, per esempio la radioterapia per carcinoma della mammella o le malattie autoimmuni». Ecco perché, per una corretta prevenzione delle malattie cardiovascolari, occorrono percorsi di informazione e formazione che pongano particolare attenzione alle differenze di genere.
L’informazione digitale al servizio della prevenzione
“Prevenire è meglio che curare”. Così recitava un famoso spot pubblicitario di diversi anni fa. L’informazione e la comunicazione (intesa come processo di trasferimento dell’informazione al paziente) sono parte della cura, potremmo aggiungere. E la comunicazione oggi avviene prevalentemente attraverso canali digitali, potremmo concludere.
«Ecco, quindi, – spiega Eugenio Santoro, Advisory Board Next Health, – che app per smartphone, campagne condotte su piattaforme di social media, chatbot “educazionali” si trasformano in veri e propri strumenti di promozione della salute e di prevenzione rispetto alle patologie basate su errati stili di vita, come lo sono quelle cardiovascolari».
Per esempio, programmi di prevenzione basati sui suddetti canali digitali sembrano in grado di ridurre peso corporeo, aumentare il tempo dedicato all’attività fisica, ridurre la pressione arteriosa e così via.
«Ma gli studi fin qui condotti, – continua Santoro, – sono concordi nell’evidenziare anche che la vera sfida nel real world è quella di garantire un sufficiente livello di adozione degli strumenti digitali in chiave preventiva, tali da non pregiudicare i risultati di efficacia che pure emergono nella fase di ricerca clinica. L’aderenza al “trattamento digitale” e la sua valutazione diventano quindi un ulteriore endpoint che gli studi clinici che hanno come obiettivo la prevenzione si devono porre».
«Occorre identificare, – conclude Santoro, – le strategie di “engagement” più efficaci e appropriate e partire da queste per creare percorsi e ambienti digitali nei quali la comunicazione può generare il migliore risultato in termini di prevenzione. Così come occorre identificare le metodologie di studio in grado di valutarne profili di sicurezza ed efficacia, proprio come si usa fare con i trattamenti farmacologici».
È quello che si propone di fare il progetto CVRISK-IT con uno degli strumenti che ne costituiscono l’ossatura: una piattaforma di comunicazione e divulgazione sicura e trasparente, rivolta a molteplici target (l’universo dei soggetti potenzialmente arruolabili e reclutati, i medici esterni e gli operatori sanitari, nonché gli attori dell’ecosistema cardiovascolare, le istituzioni e l’opinione pubblica) attraverso la quale sviluppare un modello innovativo di interazione con i cittadini, nel rispetto delle normative vigenti in materia di privacy e le leggi europee.