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COME RISPONDERE AL LONG-COVID: UN PROGETTO NAZIONALE A CUI HA PARTECIPATO LA RETE CARDIOLOGICA

Secondo recenti rassegne, fino al 45% di chi sopravvive a un’infezione da Sars-CoV-2 ha esperienza di almeno un sintomo non risolto dopo 3 mesi, con una prevalenza più alta in chi è stato ricoverato.

Diversi aspetti del fenomeno Long-CoViD sono stati valutati in un importante progetto iniziato nel dicembre 2021 e recentemente concluso, dal titolo “Analisi e strategie di risposta agli effetti a lungo termine dell’infezione CoViD-19 (Long-CoViD)”, supportato del Ministero della Salute e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità. Responsabili scientifici del progetto, – che ha coinvolto ARS Toscana, AReSS Puglia, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, la Rete IRCCS delle Neuroscienze e Neuroriabilitazione, la Rete Aging e la Rete Cardiologica, – sono il Prof. Graziano Onder, Università Cattolica del Sacro Cuore, e la Dott.ssa. Flavia Pricci, ISS; Co-responsabile Scientifico il Dott. Marco Floridia, ISS.

I risultati sono stati presentati di recente a Roma in un convegno organizzato dall’Istituto Superiore di Sanità, Dipartimento di Malattie Cardiovascolari, Endocrino-Metaboliche e Invecchiamento, e dalla Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS.

Obiettivi del progetto erano monitorare le dimensioni e gli aspetti clinici del problema Long-CoViD, caratterizzare le strutture che assistono i pazienti con Long-CoViD, fornire indirizzi di gestione clinica della condizione, svolgere attività di informazione e di formazione sul tema.

 

Com’è stato organizzato il progetto

Sulla base dei suddetti obiettivi, il progetto si è articolato in diverse attività, fra cui censimento dei centri di assistenza, raccolta di dati clinici per la definizione dello spettro clinico della condizione, analisi di dati sanitari per la definizione delle dimensioni del problema, produzione di raccomandazioni cliniche per l’assistenza ai pazienti, disseminazione di informazioni e attività di formazione sul tema.

Le dimensioni del fenomeno sono state indirettamente valutate in un ampio studio su residenti nelle regioni Friuli-Venezia Giulia, Toscana e Puglia, condotto dalle rispettive agenzie sanitarie regionali. Un confronto fra soggetti con e senza infezione da SARS-CoV-2, basato su oltre 7 milioni di assistiti delle tre regioni, ha evidenziato un rischio raddoppiato di nuovi ricoveri o di visite mediche per i pazienti che hanno subito l’infezione.

Il censimento dei centri clinici, ultimato nel 2022, ha evidenziato distribuzione e caratteristiche dei centri di assistenza, che sono risultati spesso ma non sempre caratterizzati da un approccio multidisciplinare che oggi è ritenuto sempre più importante, insieme al raccordo con la medicina di base, nell’approccio a questa condizione. La sorveglianza clinica sulla condizione di Long-CoViD si è concentrata sulla definizione dei sintomi persistenti a distanza dall’infezione acuta, sull’individuare possibili aggregazioni di sintomi, il ruolo di eventuali cofattori come comorbilità, epoca dell’infezione e gravità della malattia acuta, e possibili distinte sottopopolazioni affette, differenti per età, sesso e variabili cliniche.

Schematicamente, queste sono le conclusioni di questa indagine clinica:

  • ampio spettro di sintomi;
  • dispnea e astenia sono stati i sintomi a maggiore prevalenza;
  • frequente polisintomaticità, con tendenza di alcuni sintomi ad aggregarsi;
  • impatto significativo su attività lavorativa e stato funzionale;
  • possibili distinte popolazioni affette con caratteristiche diverse;
  • differente spettro di sintomi in adulti e adolescenti.

In ambito clinico sono state inoltre prodotte e pubblicate, grazie alla collaborazione di un gruppo multidisciplinare che includeva anche rappresentanti dei pazienti, raccomandazioni cliniche per la gestione clinica della condizione.

Attività di disseminazione e di informazione sono state svolte attraverso il sito dell’ISS e attraverso un corso tematico FAD che ha coinvolto oltre 10.000 partecipanti.

 

Incrementare le conoscenze e uniformare gli approcci

In sintesi, l’impatto del Long-CoViD sullo stato di salute si sta mostrando rilevante sia dal punto di vista clinico, sia da quello gestionale ed economico per il Servizio Sanitario Nazionale, come indicato dall’aumentato rischio di nuovi ricoveri, visite mediche e tests diagnostici per i pazienti che hanno subito l’infezione, e da dati recenti che hanno stimato oltre 4.700 decessi proprio a causa degli effetti a distanza di mesi dell’infezione acuta.

Ecco perché è importante incrementare le conoscenze e uniformare l’approccio al trattamento del Long-CoViD, assicurare una forte coesione tra tutti gli stakeholder, sanitari e pazienti, raccogliere le esperienze territoriali e promuovere l’utilizzo di linguaggi e strumenti comuni nella risposta e nel contrasto a questa nuova condizione clinica.

 

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Riferimenti